Sul mondo delle assicurazioni sono in tanti a studiare, a proporre analisi e statistiche. Ma il 12 ottobre 2011 rimarrà una data storica per questo settore perché proprio quel giorno, nella X Commissione (Industria, Commercio, Turismo) del Senato c’è stata l’Audizione dell’allora Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Antonio Catricalà, diventato poi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri nel Governo Monti. Motivo? La presentazione dei primi esiti di un’indagine conoscitiva che l’Autorità sta conducendo proprio sull’assicurazione RCAuto, nell’ambito del quale si segnala l’aumento del numero dei sinistri conclusi, così come dell’offerta commerciale (legata alla presenza di compagnie assicurative telefoniche e on line). Il garante ha anche spiegato che in ordine ai disegni di legge in materia di frodi assicurative, attualmente all’esame della Commissione, è necessario attivare apposite strutture di intelligence private presso le compagnie per combattere il fenomeno e vede con favore l’introduzione di dispositivi a bordo delle automobili che registrino singoli eventi accidentali, come pure è favorevole alla dematerializzazione dei contrassegni assicurativi. E rileva infine come la mancanza di una struttura indipendente per la distribuzione delle polizze abbia finito per ostacolare i tentativi di liberalizzazione del mercato assicurativo. Insomma un documento storico, di grande importanza, che qui riproduciamo in modo integrale. Tutto è nato un anno prima di questa audizione, quando l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato decise di andare a fondo nel settore assicurativo, pieno di zone d’ombra e problemi di ogni tipo.
«L’assicurazione RC Auto – spiegò infatti nella sua relazione Catricalà – costituisce un servizio di importanza fondamentale, i cui costi incidono in misura significativa tanto sulla spesa delle famiglie quanto, direttamente o indirettamente, sul prezzo finale della gran parte dei beni e servizi offerti sul mercato. Si tratta di un servizio che presenta, altresì, grande rilievo per le imprese di assicurazione: i premi raccolti nel 2010 nel ramo RC Auto sono stati 17.879 milioni di euro, pari al 13,72 per cento sul totale complessivo dei premi raccolti, e al 45,34 per cento sul totale dei premi raccolti nei soli rami danni».
Va detto poi che quest’analisi è stata molto approfondita visto che, per raggiungere la massima rappresentatività possibile a livello nazionale, ha selezionato ben venti compagnie che, da sole, rappresentano quasi l’82 per cento dei premi raccolti nel settore RC Auto nel 2010. Un campione insomma molto vasto e variegato perché poi di queste 20 compagnie, 15 sono di tipo tradizionale e le rimanenti 5 sono telefoniche.
Inutile dire che il cuore del problema è sempre il solito. I prezzi. Ma parlare di prezzi così in generale di fatto non ha senso: nel mondo delle polizze assicurative ci sono troppe variabili. Si va dalla residenza di chi stipula il contratto alle caratteristiche personali (l’età, il sesso e la professione), la potenza e altre caratteristiche della macchina, le dotazioni di sicurezza, il tipo di uso del veicolo (privato/non privato), l’effettivo utilizzo del veicolo (per esempio il numero di chilometri) previsto per il periodo di validità del contratto... Insomma un vero inferno. Così, per venire a capo di questa giungla di profili tariffari, la ricerca dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha preso in esame diverse categorie tariffarie. Sono stati presi in considerazione quindi sette profili di assicurati/veicoli rappresentativi della realtà italiana. Si è scoperto così che, durante il periodo 2006-2010, i premi (medi) a livello provinciale per ciascun profilo di assicurato di sesso femminile sono aumentati con picchi annui fino a oltre il 45 per cento, come nel caso di un individuo che assicura un motociclo al SUD. «Non diverso – spiega poi Catricalà – è stato l’andamento dei premi per gli assicurati di sesso maschile. I premi sono aumentati sul periodo in esame per tutti i profili analizzati fino a oltre il 50 per cento, come nel caso di un individuo che assicura un motociclo nell’Italia centrale. Quanto ai profili di assicurato più rappresentati nel campione, il tasso di crescita annuo dei premi ha registrato livelli compresi tra il 6,3 per cento (Centro) e l’11 per cento (SUD)».
Insomma i premi sono cresciuti per tutti. «Emerge chiaramente, continua Catricalà, che la questione dei sinistri e della loro gestione assieme all’assetto più o meno concorrenziale dei vari contesti sono fattori che condizionano l’andamento dei prezzi. Così come il grado di dispersione ovvero l’asimmetria informativa a danno dei consumatori e la loro difficoltà a selezionare l’offerta per essi più conveniente. L’indice di dispersione misura il grado con cui varia, per ogni profilo considerato, la spesa per l’assicurazione RC Auto all’interno di ciascuna provincia rispetto al premio medio (a livello provinciale), ovvero quanto un assicurato potrebbe risparmiare in media confrontando le offerte di più compagnie e scegliendo quella più conveniente.
I risultati mostrano che la spesa per l’ RC Auto sostenuta da ciascun consumatore può variare anche considerevolmente all’interno della provincia di residenza. In particolare, utilizzando il coefficiente di variazione, la variabilità della spesa per l’ RC Auto assume valori nell’ordine del 20-30 per cento per un numero significativo di profili in ciascuna macroarea sia per gli assicurati di sesso femminile che per quelli di sesso maschile. Le stime evidenziano, quindi, l’esistenza sia di assicurati in grado di selezionare la compagnia più conveniente sia di assicurati che sopportano una spesa considerevolmente più elevata».
E si arriva quindi al nocciolo del problema: la concorrenza. C’è competitività nel settore? Secondo l’Autorità Garante della Concorrenza no: «La sostenibilità di differenziali di prezzo così elevati da parte delle compagnie – secondo la loro analisi – è indice di un ridotto grado di concorrenza. Ciò può essere dovuto alla presenza di problemi informativi del consumatore e/o di ostacoli alla mobilità della clientela e/o di scarsi incentivi da parte delle stesse compagnie a rendere mobile la domanda».
In presenza di una domanda caratterizzata in larga parte da individui non in grado di effettuare scelte perfettamente razionali (scelta del prodotto con il prezzo minimo) e da una nicchia marginale di consumatori dotati di maggiore capacità di scelta, le imprese non hanno convenienza ad aumentare il grado di informazione a vantaggio della clientela per agevolarne la mobilità. La situazione può essere spiegata, da un lato, dalla possibilità di avere margini di profitto più elevati dalla clientela meno informata e, dall’altro, dalla considerazione che una politica maggiormente informativa non riuscirebbe comunque ad attrarre i consumatori razionali (i quali, per definizione, hanno già fatto la scelta ottima). La situazione fra l’altro appare ancora peggiore di quello che è probabilmente se andiamo a confrontare i prezzi delle nostre polizze con quelli del resto della UE. Sempre secondo Catricalà, infatti, nel periodo 2000-2010, i prezzi aumentano in Italia ad una velocità superiore a quella degli altri paesi europei e della zona Euro. In particolare, la crescita media dei prezzi per l’assicurazione dei mezzi di trasporto in Italia, pari al 4,6 per cento annuo, è più che doppia rispetto a quella registrata nella zona Euro, supera di oltre 6 volte quella della Germania, di oltre cinque volte quella della Francia e dell’Olanda e di poco meno di 2 volte quella della Spagna. Se si considera, invece, il periodo 2006-2010, la crescita annua dei prezzi per l’assicurazione dei mezzi di trasporto registrata in Italia è quasi il doppio di quella della zona Euro e quasi il triplo di quella registrata in Francia...
Va detto però che nel calcolo reale di quanto costa un incidente non si può ignorare quanto “costa in relazione al Paese”. C’è infatti un aspetto molto importante spesso sottovalutato: il ruolo dei tribunali in Italia che possono cambiare a piacimento le tariffe della tabelle, spiazzando la gestione dei risarcimenti delle compagni di assicurazione.
Nel nostro Paese infatti il sistema RC Auto è strettamente connesso al sistema legislativo e le aziende che operano nel settore non possono risarcire i clienti in base alle tabelle decise dai tribunali in assenza di un intervento del legislatore.
Ma quanto pesano, allora, su tutto questo le frodi che secondo le compagnie, nel periodo 2007-2009, si sono attestate su valori piuttosto contenuti, nell’ordine del 2-3 per cento del numero totale dei sinistri? L’analisi qui è delicata perché se andiamo a vedere scopriamo che nel Regno Unito il numero di frodi accertate è il quadruplo di quelle accertate in Italia, in Francia è il doppio. Ma si tratta solo di problemi statistici perché «questo dipende– spiega Catricalà – dal fatto che le compagnie non dedicano energie sufficienti all’individuazione delle frodi anche perché non hanno adeguati incentivi a controllare i propri costi...» Insomma, non sappiamo nemmeno quante truffe abbiamo in Italia.
Vincenzo Borgomeo, "Il libro nero della RcAuto"