Le proposte del garante della concorrenza

Cosa ne resta della famosa “indagine conoscitiva che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato” sta conducendo proprio sull’assicurazione RCAuto? Una traccia di proposte molto interessanti perché l’allora presidente Antonio Catricalà non si è solo limitato a presentare in Senato, ad ottobre 2011, i risultati dell’inchiesta ma ha anche proposto soluzioni realizzabili in poco tempo, a partire da un nuovo tipo di risarcimento, battezzato “in forma specifica”. Ossia un sistema che possa aiutare le compagnie a tenere sotto controllo i costi dei sinistri relativamente alla parte danni alle cose. Tutto nasce dalla possibilità di indurre il proprietario del veicolo danneggiato a far eseguire gli interventi di ripristino presso una carrozzeria convenzionata. In virtù dell’adesione alla rete di carrozzerie convenzionate, infatti, l’officina normalmente si obbliga nei confronti dell’impresa di assicurazione al rispetto di determinati parametri tecnici ed economici e, allo stesso tempo, si potrebbero introdurre vincoli sull’approvvigionamento di pezzi di ricambi presso fornitori predeterminati dalla stessa compagnia. Nel sistema di risarcimento tradizionale la compagnia può indurre il danneggiato a far eseguire le riparazioni presso una carrozzeria convenzionata, solo offrendo servizi aggiuntivi quali l’auto sostitutiva, il ritiro e la riconsegna del mezzo incidentato, ecc. In alcuni casi risulta che sia offerto il pagamento diretto da parte della compagnia all’autoriparatore.

Antonio Catricalà

«Il sistema di risarcimento diretto – spiegano infatti all’Autorità – nel quale la compagnia contraente è la stessa che provvede al risarcimento del danno subito dal proprio cliente incolpevole, consente di introdurre già nel contratto un vincolo a carico dell’assicurato, il quale all’atto della stipula può impegnarsi a far eseguire le riparazioni, in caso di sinistro CARD, presso una delle carrozzerie convenzionate. Tale possibilità, nello specifico, è prevista dall’art. 14 del regolamento attuativo (D.P.R. n. 254/06), il quale la subordina ad una riduzione del premio, che deve essere espressamente quantificata nello stesso contratto.

Una delle domande sottoposte al campione di compagnie individuato dalla Direzione (rappresentativo di oltre l’80 per cento del mercato in termini di premi raccolti), verteva sulla presenza o meno della clausola “risarcimento in forma specifica” nell’offerta di polizze RC Auto e sulla esistenza di una rete di carrozzerie convenzionate. Le risposte ricevute evidenziano che il 90 per cento (rappresentativo di quasi il 94 per cento del mercato in termini di premi raccolti) delle imprese interpellate dispone di una rete di carrozzerie convenzionate, mentre il 40 per cento delle stesse (rappresentativo di quasi il 70 per cento del mercato) offre ai propri assicurati la sottoscrizione di tale clausola. E’ però emerso che il totale dei contratti contenenti la clausola in questione stipulati nel 2010 dalle compagnie del campione, si attesta attorno al 6 per cento del totale. Ciò appare da imputare alla scarsa convenienza degli sconti offerti per chi accetta di servirsi delle carrozzerie convenzionate». Insomma secondo l’Autorità non c’è dubbio che la scarsa diffusione del risarcimento “in forma specifica” è dovuto alla scarsa appetibilità dello sconto proposto dalle compagnie (generalmente non superiore al 5 per cento) per chi sceglie questa formula.

Ma l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha anche una ricetta per migliorare il funzionamento del sistema dell’indennizzo diretto che fa acqua da tutte le parti e che, soprattutto, non riesce a suscitare nelle compagnie i corretti incentivi affinché tenessero sotto controllo i propri costi. «Appare – ha spiegato infatti Catricalà – che esse sono restie a individuare efficaci meccanismi interni di controllo sulle frodi. Il problema, occorre sottolineare, non può essere semplicemente derubricato a fattore esogeno assolutamente imponderabile e ingovernabile. E’ sempre più evidente che, dato il contesto scarsamente concorrenziale, per le imprese è più agevole scaricare sui premi i maggiori oneri derivanti da inefficienze di gestione. Uno degli elementi di maggiore criticità del risarcimento diretto è rappresentato dal sistema attraverso il quale si arriva a definire l’entità del rimborso dovuto alla compagnia gestionaria per il danno da essa liquidato. Come anticipato, quest’ultima non riceve l’importo che ha effettivamente liquidato per conto della debitrice, bensì una somma determinata forfettariamente sulla base del costo medio dei sinistri rilevato nell’annualità assicurativa precedente. Si tratta, in ultima analisi, di un sistema di rimborso basato sulla media storica, che garantisce solo a livello aggregato la refusione degli importi risarciti. Quindi alcune imprese avranno vantaggio, altre no. Questa criticità è confermata dalla frequenza con cui in questi anni il sistema è stato oggetto di continui aggiornamenti.

In ogni caso, esso introduce elementi di distorsione: in primo luogo, come detto, in assenza di alcun correttivo che induca le imprese a controllare i costi, le stesse non hanno alcun interesse a farlo. Questo limite del sistema delle compensazioni accentua la propensione delle imprese a scaricare i maggiori costi direttamente sui premi: i consumatori, del resto, poco mobili e comunque non in grado di contrattare efficacemente con le compagnie, non riescono a esercitare un’adeguata pressione sulle stesse così da contenere l’accrescimento dei premi. Inoltre, le imprese assicurative in questo contesto di concorrenza depressa sono incentivate ad agire sul portafoglio clienti in maniera tale da selezionare gli individui che commettono pochi sinistri e con alta probabilità di subire sinistri con costi inferiori al forfait e ciò sulla base della loro localizzazione in aree del Paese poco sinistrose o dove comunque i costi dei sinistri sono più bassi. Si determina in tal modo una strategica segmentazione delle aree e delle tipologie di assicurato/veicolo. In alcune aree del SUD del Paese è sempre più frequente il fenomeno, oggetto di numerose denunce, della “fuga” di molte compagnie, che alla scadenza dei contratti, acconsentono rinnovi solo a condizione di imporre premi a volte anche triplicati, il che può equivalere in molti casi, a veri e propri rifiuti a contrarre».

«Occorrerebbe – ha concluso Catricalà – allora integrare e migliorare i meccanismi di determinazione del forfait. Andrebbe introdotta nella sua formula di calcolo un coefficiente che consenta di tenere conto dell’efficienza da recuperare da un anno all’altro, come incentivo per le compagnie a contenere i costi. In sostanza, potrebbe essere utile l’introduzione di un meccanismo di controllo dei costi, eventualmente sorvegliato dall’Autorità di settore, che dovrebbe ispirarsi a criteri di regolazione già utilizzati in altri contesti. Ferma la libertà delle imprese di definire il livello dei premi, non è un’incongruenza prevedere un controllo di tipo regolatorio volto a stimolare comportamenti efficienti delle imprese per limitare la crescita dei propri costi in un mercato che presenta forti elementi di asimmetria informativa, scarsa vivacità della domanda, e dove c’è un obbligo legale a contrarre in capo alle compagnie. Una simile regolazione non dovrebbe pregiudicare le prestazioni da rendere al cliente che ha diritto ad essere risarcito dei danni subiti, alle condizioni pattuite.

Una via potrebbe essere quella di escludere dal sistema CARD i danni alle persone (attualmente ve ne rientrano alcuni di lieve entità). Ciò consentirebbe di valorizzare al massimo le potenzialità del risarcimento diretto, che consentono di limitare i costi delle riparazioni, incentivando le compagnie a promuoverlo. Con questa limitazione, il sistema CARD continuerebbe a gestire una quota significativa del valore dei sinistri non inferiore al 34 per cento e potenzialmente anche più elevato.

Inoltre, l’attuale sistema, in base al quale la definizione dei criteri di rimborso è affidata ad un comitato dove è preponderante la presenza delle stesse compagnie, non sembra una soluzione ottimale. Piuttosto, per le ragioni dette, sui costi dei sinistri andrebbe attivata un’efficace istanza di controllo pubblico».

Per il resto poi l’Autorità ha sottolineato che le tante modifiche legislative di cui si parla (introdurre la possibilità per le imprese di visionare il veicolo prima di stipulare; l’installazione della “scatola nera” in auto; il rafforzamento delle sanzioni per chi attesta false invalidità da sinistri stradali; la dematerialiazzazione dei contrassegni e la loro sostituzione con sistemi elettronici) non potranno che portare grandi miglioramenti al settore. «Sarebbe troppo ingenuo pensare – ha comunque poi spiegato Catricalà – che, introducendo un sistema amministrativo di controllo sulle frodi, si possano avere gli attesi risultati di contenimento della crescita dei premi e in genere, di miglioramento qualitativo dei servizi di assicurazione. In realtà, è necessario porre in essere una serie di interventi che incidano sulle criticità di fondo al fine di riattivare il processo concorrenziale.

Per superare le criticità sul versante della domanda, andrebbe agevolata la mobilità della clientela. Vista la complessità dei servizi assicurativi, andrebbe favorito lo sviluppo sia di broker, sia di agenti plurimandatari. Occorre, in altri termini favorire la diffusione di figure professionali, sostanzialmente indipendenti dalle compagnie, la cui funzione – e il cui precipuo interesse – è proprio quella di consigliare gli utenti, i quali, come abbiamo dimostrato, non sono in grado di selezionare da soli il prodotto per essi migliore».

Vincenzo Borgomeo, "Il libro nero della RcAuto"