La solvibilità delle imprese di assicurazione

La componente aleatoria che l’impresa assicurativa deve affrontare è costituita dall’incertezza dei costi futuri che essa deve sostenere per far fronte agli impegni assunti con gli assicurati. La compagnia può stimare tale costo futuro, ma questo può discostarsi in maniera rilevante dal valore previsto, comportando un esborso più elevato. Se si aggiungono altri elementi aleatori, come la redditività degli investimenti, gli eventi esogeni ecc… ci si rende conto che l’impresa assicurativa potrebbe trovarsi in difficoltà nell’onorare gli impegni presi, ossia divenire insolvente.

Dollars


A causa dell’importanza assunta dalle compagnie, del loro ruolo all’interno del sistema finanziario e del fatto che essi incassano preventivamente i premi dietro la promessa della prestazione, è evidente che il rischio di insolvenza della compagnia diviene un punto cruciale; a tal proposito sono state emanate delle normative a tutela dell’assicurato e del sistema finanziario, finalizzate a garantire la stabilità e la capacità delle compagnie nell’adempiere alle proprie obbligazioni.

Secondo i dettami della vigilanza prudenziale, viene imposto alle imprese assicurative di garantire un certo margine di solvibilità. La compagnia costituisce già delle riserve finalizzate a far fronte ai propri impegni futuri; il margine di solvibilità ha la funzione di riserva complementare, che entra in gioco se gli impegni futuri comportano un esborso maggiore di quanto stimato.

Per costituire il margine di solvibilità, la compagnia deve rispettare una soglia minima di patrimonializzazione, la quale è determinata sulla base di:
  • una componente fissa, denominata quota di garanzia, che viene determinata in misura pari a un terzo del margine richiesto e il cui livello minimo viene stabilito in funzione dei rami assicurativi che l’impresa è autorizzata a esercitare;
  • una componente variabile, misurata sulla base del volume dei premi raccolti e rettificato da un coefficiente che indica la rischiosità del “sottostante”. Nello specifico, nel ramo danni la parte variabile è correlata al volume dei premi raccolti e rettificata da un parametro di controllo che tiene conto del rischio di sinistrosità (il costo medio dei sinistri), mentre nel ramo vita è commisurata agli impegni assunti, misurati in termini di riserve matematiche o di capitali sotto rischio (capitale assicurato – riserva matematica accantonata) in funzione del tipo di rischio (finanziario, gestionale, demografico) assunto dall’impresa.

Il margine di solvibilità è costituito da:
  • il capitale sociale versato;
  • le riserve legali, statutarie e facoltative non destinate a coprire specifici impegni o a rettifica di voci dell’attivo;
  • gli utili (o perdite) di esercizio e degli esercizi precedenti portati a nuovo, al netto dei dividendi da distribuire;
  • i prestiti subordinati, i titoli a durata indeterminata e altri strumenti nel rispetto dei limiti:
    • quantitativi prefissati pari al 50% del margine;
    • qualitativi, volti ad assicurare la permanenza dei fondi all’interno del patrimonio aziendale.

Alle componenti sopra indicate bisogna portare in deduzione gli attivi immateriali (es. avviamento) e le azioni proprie e di imprese controllanti.

Annualmente la compagnia deve presentare all’Isvap un prospetto che dimostri il margine di solvibilità

Qualora la compagnia ricorra a contratti di riassicurazione passiva, può ridurre il margine di solvibilità in funzione degli impegni a carico dei riassicuratori, anche se attualmente tale riduzione non è commisurata all’effettiva diminuzione del rischio assicurativo derivante dall’utilizzo delle diverse forme di riassicurazione e non tiene conto del rischio credito, cioè del rischio che il riassicuratore non paghi.

Il problema che si presenta quindi è quello di avere un margine di solvibilità che non è calibrato all’effettivo profilo di rischio a cui è esposta la compagnia. Inoltre, il margine si fonda su una valutazione statica, mentre dovrebbe essere determinato in base ad un approccio dinamico che comprenda valutazioni prospettiche e stress test che verifichino la capacità dell’impresa di subire shock esterni.

Attualmente è in fase di studio il progetto Solvency II, che revisiona le regole prudenziali introdotte da Solvency I. Il nuovo progetto è finalizzato a definire dei requisiti patrimoniali che derivano da una più accurata e completa misurazione dei rischi a cui le compagnie sono esposte.

A causa della crescente importanza del ruolo assunto all’interno del sistema finanziario, le compagnie di assicurazione devono fronteggiare, oltre ai rischi tipici dell’attività assicurativa (di natura tecnica e attuariale), i rischi di natura finanziaria tipici dell’attività di intermediazione finanziaria. Nel ramo vita, a causa della diffusione di prodotti vita ad elevato contenuto finanziario, il rischio finanziario viene anche considerato come rischio tecnico. I rischi a cui l’impresa di assicurazione è sottoposta sono quindi:
  • i rischi assicurativi, tipici dell’attività assicurativa, che derivano dall’assunzione di rischi a fronte dell’incasso dei premi in via anticipata. I premi forniscono le risorse necessarie per far fronte ai futuri impegni aleatori e hanno la funzione di garantire l’equilibrio tecnico tra i ricavi e i costi. I rischi tecnici sono classificati in:
    • rischio di underwriting (o rischio di assunzione), dovuto a inefficienze nel processo di tariffazione. Il rischio di assunzione a sua volta è suddiviso in:
      • rischio di sottotariffazione, nel caso la tariffa venga costruita su basi statistiche e finanziarie che successivamente si rivelano inadeguate ad assicurare la copertura degli impegni assunti nei confronti degli assicurati;
      • rischio di sovrasinistrosità, nel caso la tariffa venga costruita utilizzando delle stime di sinistrosità che si rivelano non corrette.
    • rischio di riservazione, che riguarda la possibilità che le riserve tecniche accantonate non si rivelino sufficienti a causa di un errore di stima o di mutamenti nelle condizioni esterne.
  • i rischi finanziari, dovute alla sempre maggiore caratterizzazione finanziaria delle compagnie. I rischi finanziari si dividono in:
    • rischi di mercato, con i quali si intende il rischio di perdite dovute a variazioni inattese delle variabili di mercato come i tassi di interesse, i prezzi azionari, i tassi di cambio ecc…
    • rischi di credito, che riguardano la possibilità di insolvenza degli emittenti di titoli obbligazionari in cui si è investito, dei riassicuratori con i quali si hanno contratti di riassicurazione, di altri intermediari finanziari ecc…
    • rischi di liquidità, che riguardano l’incapacità dell’impresa di adempiere in modo puntuale e tempestivo alle obbligazioni assunte nei confronti degli assicurati a causa delle difficoltà incontrate nello smobilizzo delle proprie attività.
  • i rischi operativi e generali, che sono comuni a tutte le imprese. Questa tipologia di rischio si suddivide in:
    • rischio operativo, che riguarda le perdite che possono derivare da inefficienze di persone, processi , sistemi ed eventi esterni, quali la frode, l’outsourcing ecc…
    • rischio legale o rischio di compliance, che riguarda le sanzioni comminabili in caso di mancato rispetto delle leggi, dei regolamenti e dei provvedimenti delle Autorità di vigilanza;
    • rischio reputazione, connesso al deterioramento dell’immagine aziendale e dei rapporti con la clientela. L’immagine dell’impresa può ad esempio deteriorarsi a causa della scarsa qualità dei servizi offerti, del collocamento di prodotti che non rispondono ai bisogni degli assicurati, del comportamento non corretto della rete distributiva ecc…
    • rischio legato all’appartenenza ad un gruppo, ossia il rischio che eventi riguardanti una società del gruppo abbiano effetti negativi anche sulla compagnia.

Viste le numerose componenti di rischio, è evidente l’importanza di un’efficace ed efficiente gestione del rischio, ossia del risk management. È fondamentale che l’impresa sia in grado di identificare, valutare e gestire tutti i rischi, interni ed esterni, derivanti dalla propria attività, in un’ottica generale d’impresa e non limitata a determinate aree aziendali.